Il Nordest (ma anche l’Italia) guardano a Croazia e Serbia Per reagire ai molti inconvenienti con l’Estremo Oriente
Come far fronte alla eccessiva dipendenza dalle produzioni seriali asiatiche. Alcuni seminari di Confindustria, come quella di Vicenza, hanno affrontato l’istanza, ritenendola urgente. Alcuni paesi dell’ex Jugoslavia si propongono come prima destinazione per il nearshoring, l’internazionalizzazione di prossimità delle imprese. Lo testimonia il focus del progetto «Sistema Nordest per l’internazionalizzazione», promosso dalle Regioni del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino), sulle opportunità e le strategie per le aziende nordestine in Croazia e nei Paesi dei Balcani Occidentali extra Ue.
processi di nearshoring, iniziati prima della pandemia e oggi accelerati dai nuovi scenari mondiali che si stanno delineando, sono avvertiti come strategici in un mondo avviato verso una multi polarizzazione politica ed economica. Oscillazioni della domanda, interruzioni delle catene di fornitura e difficoltà di carattere finanziario colpiscono oggi duramente le imprese in molti settori. Sempre più evidenti sono quindi le esigenze di riorganizzare, accorciare e riposizionare le filiere. Da cui il nearshoring, cioè una modalità di outsourcing che prevede il trasferimento di alcuni processi aziendali nello stesso Paese o in uno limitrofo per aumentare la resilienza delle supply chain, migliorare i tempi di consegna, ottimizzare i costi logistici e delle trasferte di lavoro, ridurre i problemi normativi, fruire di una più approfondita conoscenza reciproca tra sistemi contigui. «I Balcani in generale, Croazia e Serbia in primis, rappresentano un asset geografico e strategico fondamentale in termini di destinazione degli investimenti esteri da parte delle imprese del Triveneto, che solitamente in questi Paesi muovono i primi passi strategici di internazionalizzazione», sostiene Alessandro Minon, presidente di Finest, la società finanziaria delle Regioni del Triveneto e soggetto esecutore del progetto «Sistema Nordest per l’internazionalizzazione».
La Croazia, membro Ue dal 2013 e Paese politicamente molto stabile, è in procinto di aderire all’Eurozona dal 1 gennaio 2023 e in prospettiva anche allo spazio Schengen. L’Italia è il secondo partner commerciale dopo la Germania (6 miliardi di euro nel 2021, +27,1% sul 2020). E il quinto investitore diretto, con circa 3,6 miliardi di stock dal 1993 al 2021, la metà dei quali da imprese del Triveneto: realtà industriali come per esempio Aquafil, Calzedonia, Danieli, De Longhi e Luxottica, grande distribuzione come la catena discount Eurospin, e numerose Pmi di vari settori. Ma, come nota l’ambasciatore italiano a Zagabria, Pierfrancesco Sacco, intervenuto di recente a un webinar sul nearshoring organizzato da Finest, «è un po’ mancata negli anni passati la cooperazione bilaterale tra i due Paesi con poca incentivazione della ricerca di opportunità, che ora si sta invece rilanciando con un ampio programma di iniziative coordinate di ICE e attività di business community della Camera di Commercio Italo-Croata». Così il prossimo 24 maggio si terrà a Roma il primo Business Forum ufficiale Italia-Croazia in occasione del Comitato dei ministri competenti su temi economici, con una particolare attenzione su tre settori: tecnologie e processi industriali con focus sull’alimentare, digitalizzazione delle imprese, infrastrutture di trasporto (con fondi europei Next Generation EU e PNRR, dove la Croazia ha in proporzione il budget più alto in Europa rispetto al Pil).
In Serbia, invece, nel 2021 l’interscambio con l’Italia, terzo partner dopo Germania e Cina ha addirittura registrato il record storico assoluto a oltre 4,1 miliardi di euro (+23,5% sul 2020, +7,8% sul 2019). Sono 1600 le aziende con capitale italiano nel Paese: non solo Fiat, ma anche tante Pmi, in un’economia che nel biennio 2020-2021 ha registrato la terza migliore crescita europea in termini di crescita aggregata dopo Irlanda e Lituania.
Articolo a cura di Francesco Rao